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Quando venne Andrés Segovia.

Con Cabassi, Tagliavini e la Padovani la rinascita a Parma dello strumento a pizzico

 Sembra un tempo lunghissimo quello che ha segnato il rientro a pieno titolo della chitarra entro i ranghi più alti della vita musicale, pensando alla presenza che lo strumento oggi occupa nella fitta rete dei cartelloni delle varie società concertistiche. Eppure è passato poco più di mezzo secolo da quando questo strumento, con le sue origini remote attestate da una raffinata letteratura, condivisa anche dal più nobile fratello, il liuto, ha potuto ritrovare una nuova dignità grazie anche al sigillo impresso da alcuni eminenti interpreti, primo fra tutti Andrés Segovia la cui arte sapiente e sensibile ha fatto breccia anche entro il sospettoso e supercilioso muro innalzato dai detentori di una pretesa classicità.

Indimenticabile rimane per chi scrive il ricordo del grande spagnolo quando venne al Regio, nel 1949, proponendo una sua trascrizione della Ciaccona di Bach. Se n’è parlato recentemente, durante un incontro in Conservatorio per la presentazione di un volume dedicato a Romolo Ferrari che di questa rinascita della chitarra è stato un importante pioniere. Il libro, pubblicato dall’editore Mucchi e curato con rigore metodologico da Simona Boni, ricompone la figura di questo musicista modenese, nato nel 1894 e morto nel 1959, seguendo le varie tappe di un appassionato percorso che si dirama attraverso una straordinaria intensità di stimoli nel più ampio tessuto culturale attivato dal Ferrari, con la creazione di un’associazione chitarristica internazionale e la promozione di quelle  ‘giornate chitarristiche’ che hanno agito come importante catalizzatore per quel risveglio d’interesse per lo strumento, che porterà tra l’altro al riconoscimento, nel 1952, di un insegnamento ufficiale nei Conservatori.

Ne parla nella presentazione al volume Enrico Tagliavini che ha conosciuto Ferrari, lui ancora alle prime armi, talentoso chitarrista in erba, ricevendo insegnamenti preziosi proprio nell’acquisizione di una coscienza interpretativa  rapportata alla specificità e alla storia dello strumento. Il volume, articolato in vari segmenti che dalla personalità di Ferrari, animatore e pure compositore, si allargano ad approfondire il ruolo che la chitarra ha avuto nella prima metà del Novecento, il perfezionamento della didattica, la scoperta del repertorio, lo sviluppo della liuteria, tocca anche la nostra città, dove, grazie anche alla intraprendenza di Luigi Ferrari Trecate,  nel Conservatorio di cui era direttore fu istituita la cattedra per chitarra.

A ricoprire tale insegnamento fu chiamato Renzo Cabassi, figura singolare nel panorama cittadino per il carattere riservato dietro cui celava un’autentica, raffinata musicalità e un pregevole dominio strumentale, acquisito attraverso lo studio con un altro chitarrista parmigiano, Aldo Ferrari, trasferitosi poi a Milano. Ma dal padre Ettore, che si era affermato nella nostra città come abilissimo mandolinista, Renzo Cabassi aveva tratto l’amore per lo strumento che lo avrebbe portato a notevoli successi nell’attività concertistica e che  avrebbero poi trovato terreno fertile nell’insegnamento. Alla sua scuola si formeranno Enrico Tagliavini e Elena Padovani, due musicisti parmigiani che hanno espresso la propria personalità attraverso un’intensa attività concertistica.

A Elena Padovani il volume riserva un medaglione significativo oltre che per delineare una carriera di grande successo, iniziata nel 1940 a Milano dove la diciassettenne ottenne  un entusiastico riconoscimento, per aprire un colorito scorcio sulla vita musicale della nostra città e soffermarsi sulla presenza di gruppi di appassionati degli strumenti a pizzico. Nel 1890 operava un Club Mandolinistico Parmense guidato da Attilio Campanini, mentre negli anni Venti venne costituito un Circolo Mandolinistico intitolato a Giovanni Bottesini, dal quale prese vita un’orchestra composta da sei mandolini primi, sei secondi, quattro mandole tenore, una mandola contralto, sei chitarre che si esibì in vari luoghi dal Reinach, al Collegio Maria Luigia, al Lambruschini. All’attività di questa orchestra, divenuta poi Gruppo Mandolinistico del Dopolavoro Provinciale, partecipava come solista anche Renzo Cabassi e pure la più giovane Padovani ebbe occasione per esprimere le proprie attitudini.

Tra la varie manifestazioni cui la nuova promessa prese parte viene ricordato il concerto vocale-strumentale svoltosi nel giugno del 1942 al Teatro Aurora di Langhirano, concerto benefico per i feriti di guerra; la giovane chitarrista aveva al suo fianco altre due promesse, come si può cogliere dalla recensione su La Gazzetta di Parma: «La soprano Renata Tebaldi, nostra concittadina, che per la prima volta si presentava al pubblico del suo paese, è stata la trionfatrice della bella serata. Giovane di appena 20 anni, accoppia agli eccellenti mezzi vocali temperamento e qualità tecniche non comuni (…). È piaciuto anche il baritono Carlo Bergonzi, che pur dimostrando ancora una certa acerbità nella interpretazione, possiede un bel timbro di voce, potente specialmente negli acuti. Una gradita sorpresa è stata offerta al pubblico dalla signorina Elena Padovani (…) meravigliando tutti per l’agilità e per la finezza d’interpretazione».

 

Gian Paolo Minardi

in «Gazzetta di Parma», 29 marzo 2010, p. 5

  

 

 

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